Dal nostro inviato a Venezia, Roberto Gaita.
Sessantasettesima Mostra Internazionale d'Arte Cinamatografica di Venezia, sabato 4 settembre, ore 23.00 circa, sala Darsena: entrano, insieme al direttore del Festival Marco Müller, John Turturro e parte del restante cast tecnico e artistico di "Passione", tra cui Peppe Barra, Raiz, M'Barka Ben Taleb e Peppe Servillo.
Il pubblico acclama. Poi la proiezione inizia, con i 1300 posti della sala quasi tutti occupati.
Apre il film una donna anziana in tuta fosforescente "ripresa dal vero" che urla "Forza Napoli!" e parte del pubblico ricomincia ad acclamare. C'è un corale battito di mani a tempo di una "Comme facette mammeta" graffiata da Pietra Montecorvino e ballata da un gruppo di ballerine hip hop sotto le volte affrescate del Palazzo dello Spagnolo, alla Sanità.
Qualcuno manifesta insofferenza al rumore della sala, alla messa in crisi di quel senso civico settentrionale che permette nei cinema il necessario e sacrosanto silenzio. Tuttavia la manifesta non più di una volta, presto favorevole o rassegnato a quest'atmosfera da concerto e da festa, ma soprattutto avvertito che la materia del film è esplosiva, vulcanica e contagiosa.
Perché "Passione" è innanzitutto uno spettacolo (che inoltre, in quanto tale, va detto, merita di essere seguito su schermo extra-large e con audio dolby digital, dunque nelle migliori condizioni possibili).
Spettacolo che è però diventa "un'avventura musicale", come lo definisce la sua locandina. Un viaggio dentro la canzone napoletana, dentro, più in generale, quella che John Turturro ha definito "un’arte sorprendente, generosa e commovente". Un viaggio che è quasi interamente sottotitolato anche per gli italiani. E che segue quello che Peppe Barra ha chiamato “il filo rosso della tradizione”.
John Turturro questo viaggio lo introduce, affettuoso, complice e curioso, con pochi solistici passi di ballo cool ripreso dal basso all'alto, con l'aforisma "Ci sono posti che vedi una volta sola e ti basta... E poi c'è Napoli", con l'elezione di Napoli a "più grande juke-box del mondo", e la definizione di “città di contraddizione, ironia e paradosso".
John Turturro lo ha scritto con il giornalista critico musicale de "Il Mattino" Federico Vacalebre. E' un iter ricco di folclore e di suggestioni che alterna senza soluzione di continuità canzoni napoletane di generi diversi e di periodi diversi che vanno dal 1200 del "Canto delle lavandaie del Vomero" (una “villanella”, canzone bucolica a tema amoroso, molto di moda all’epoca), al 1977 di "Napule è" e al 1990 di "Don Raffaè" e al 2002 di "Nun te scurda'"; canzoni in musical; canzoni "in documentario"; interviste attuali; materiale d'archivio.
Ci sono canzoni interpretate da Angela Luce, gli Avion Travel, Enzo Avitabile, Misia, gli Spakka-Neapolis 55, Renato Carosone, Sergio Bruni, Peppe Barra, Almamegretta, Massimo Ranieri e Lina Sastri (in una sorprendente sceneggiata napoletana), Pino Daniele, Mina, passanti napoletani o passanti turisti e molti altri. E' un canzoniere spesso riscoperto con ritmi, sonorità, arrangiamenti inediti, innovativi, contaminati, selvaggi, capaci di ridargli nuova linfa.
Un repertorio riversato dentro a piazze, palazzi storici, strade, soprattutto vicoli. Un repertorio di gioia, amore, sesso, gelosia, tradimento, speranza, povertà, rabbia, immigrazione, protesta, guerra e pace, malavita.
Un repertorio a volte strabordante, a cui deve fare un po’ da comprimaria la parte documentaristica. Che non lesina comunque dichiarazioni, aneddoti, racconti di ricordi personali, spiegazioni, interviste, filmati d'epoca. Ad esempio interessanti sono le testimonianze di un cuoco partenopeo; l'aneddoto gustoso sul perché è nata la sceneggiata: "I cantanti erano tassati il 3% in meno degli attori, ecco perché nasce", racconta John Turturro, che oltretutto commenta ironico: "Una soluzione molto napoletana"; la spiegazione di perché è nata "Tammurriata nera" ad opera di Peppe Barra, che oltretutto commentandola dice che il popolo napoletano nasconde "rabbia, disperazione e tristezza"; gli spazi dedicati a Diego Armando Maradona e alla festa di San Gennaro; l'intervista a tre addetti ai lavori di cui due fratelli discografici di terza generazione di musica napoletana, che oltretutto fanno un divertente confronto tra Enrico Caruso e un tenore suo predecessore, paragone ostacolato dal fatto che il secondo ha lasciato poche e non chiarissime incisioni, data la tecnica discografica del suo tempo; il tetro incontro di boxe tra bambini bendati nel grigio e nero di un filmato (come vari altri) del dopoguerra.
Infine, c’è da dire che la scelta di Fiorello rappresenta una trasgressione a quello che altrimenti sembrerebbe un criterio di selezione dei cantanti per i videoclip: cioè che fossero napoletani. Voto: 7/10.
Aggiornamenti:
- Ristrutturate ed aggiornate le sezioni "Napoli e i libri" e "Pellicole su Napoli"
- Pagina flickr : aggiunte 5 nuove foto (72 elementi)
- Pagina youtube: aggiunti 2 video preferiti (20 preferiti)
- Pagina delicious : un nuovo sito aggiunto (35 elementi)
E settimana prossima, direttamente da Passione sarà intervistata Pietra Montecorvino!
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